Questo “quaderno” è stato suggerito dal bisogno di mettere un po’ d’ordine nel mare magnum della più che trentennale attività poetica, offrendo un Repertorio bio/bibliografico quanto più esaustivo possibile. L’occasione ha permesso altresì di pubblicare un’intervista e tante “testimonianze” critiche rimaste nei cassetti per tanti anni e che ora finalmente vedono la luce, completando il quadro generale. Il poemetto “Nèttare di maggio”, di recente stesura, è anch’esso inedito.
1.
E ti chiamo da lontananze assorte
nello smemorarsi della luce a sera,
al di là del fiotto salmastro
che pure reclama le sue origini.
E penso che ci sarà una sponda dove
un giorno sosteremo. Si dirà allora
la dolcezza dei papaveri rossi
còlti al margine di amiche contrade.
Ed ameremo il giallo delle mimose
che tardano a morire, a ricordarci
la misura delle armonie inseguite.
E viaggeremo come api nell’alba
Brulicante di parole mitiche.
2.
Dimmi, dunque, le aspettative
ai bordi del mandorleto
appena fiorito, non si sa come
il fruscio dell’erba parla
di lunghe attese – quante! –
forse ignorate perché distratti
dal buco dell’aria artigliata
sul capo genuflesso dei desideri:
poi il sentiero
s’inturgida di mandarini.
3.
Quando la fionda del tempo
sarà lanciata ci chiederemo
la ragione primaria dell’acqua
invocata come la manna dal cielo.
Ognuno dirà la propria,
per cui discettando dei massimi sistemi
potremo allungare
i brividi le ansie
nascoste nelle tane degli ingorghi.
E tutto avrà un nome,
un certificato di nascita.
4.
Eppure sapevi che un giorno
o l’altro
-non mettere limiti alla
Provvidenza, dicevi sempre –
Nonostante il mutare dei voli
o dei passi
che si alternavano come voci
fluttuanti da nebbie gravide di cieli lontani.
Qualcosa intanto si è stemperato
nel brusio degli uccelli, mentre
l’eco si appanna nella corsa
notturna.
5.
Forse gli acini reclinano
anzitempo l’umore acre
conoscendo la vacuità del tempo.
Nell’aria l’odore breve
Delle rose accresce le domande:
insipienza di storia annotate
ma mai definite nel tumefatto
stupore della stagione:
altalenante specchio di ipotesi
nel fiato del mattino.
6.
Rifletti. La densità delle mani
ordina il respiro del mare
e decifra i segnali
in un paesaggio che muta.
Si colora la memoria, ma sento
che il battito è profondo
e la gioia accelera lo scatto.
E dico di quel mattino
quando Maggio profumò
del miele della tua bocca.
L’intervista
a cura di Marcella Uffreduzzi
In che ambiente si è maturata la sua poesia?
Nello specifico non c’è stato un “ambiente”, dal momento che essendo autodidatta ho da solo maturato la mia “idea” di poesia, e mancando nella mia città un tessuto, un entroterra culturale idoneo a sviluppare questa o quell’idea poetica, mi sono costruito in piena autonomia.
La poesia: una svolta letteraria e artistica o una testimonianza di maturità unita alla sua vicenda umana?
Penso più alla seconda ipotesi, di una crescita culturale sviluppatasi autonomamente sì ma in sintonia con quella che è la mia vicenda di uomo. D’altro canto mi pare impossibile ripetere un “clichè” di letterato unicamente fisso a schemi di convenzionalità accademica, nel rifiuto di quel processo di osmosi fra dato reale e creatività.
Perché il titolo “La carne stretta”?
“La carne stretta” è un titolo pieno di simbologia, ma leggendo i versi che compongono la sezione del libro così titolata, è facile estrarre quelle indicazioni umane ed esistenziali che sono alla base della mia ricerca poetica. In termini essenziali, direi che “La carne stretta” sottolinea la povertà della nostra struttura temporale dinanzi alla complessità e grandiosità dei sentimenti che si muovono dentro e attorno a noi.
Quali sono i poeti contemporanei che Lei preferisce?
Questa domanda mi pone in imbarazzo, soprattutto perché non ho cercato mai di costruirmi dei “miti”, ma ho badato affinchè la conoscenza più ampia di poesia trovasse una sua ragione d’essere nella mia vita. È indubbio che alla fine si finisce per “scegliere” i propri autori e direi che fra gli italiani leggo con la stessa partecipazione Betocchi e Fortini, Pasolini e Montale, Luzi e Cimatti, per finire a qualche “nuovo poeta” come Barsacchi, ma l’elenco potrebbe senz’altro allungarsi. Quel che conta, per me, è la “poesia” e non l’ideologia della poesia.
Della sua silloge poetica qual è la poesia che ama rileggere più spesso?
Non rileggo in particolare mai questa o quell’altra poesia, in quanto ognuna parte di una globale visione della mia realtà poetica ed umana, ma prediligo senz’altro quelle dove il rigore esistenziale si realizza in più autonoma forma espressiva.
C’è un senso cristiano nella sua poesia?
È difficile dirlo, perché prima di ogni cosa bisognerebbe definire la “cristianità” del momento poetico. Dalla mia postazione, ritengo di sì e lo evidenzio in alcune liriche (Dove volavano le rondini, Assenze), in una concezione “allargata”, per così dire, della parola “cristiano”. Mi sento un poeta “laico” frequentemente percosso da brividi di ricerca cristiana.
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